I want the real "Real time" back!

Giulia R.

Da quando Real Time è passato sul digitale terrestre, il televisore della mia camera è sempre stato fisso sul canale 31. All’inizio mi era piaciuta l’idea di una TV di puro intrattenimento, leggera, colorata, “pop”. Adoravo il fai da te a tratti eccessivo di Paint your life, la frivolezza volutamente ridicola di Ma come ti vesti?!, e le provocanti lezioni di stile di Cortesie per gli ospiti. Ho imparato qualcosa sulle ristrutturazioni con Vendo casa disperatamente, mi sono divertita con Fuori Menù, e Enzo Miccio ha perfino acceso in me un po’ di interesse per l’organizzazione dei matrimoni. Abituata ad una tv in cui si scadeva nel kitsch anche parlando di aliquote fiscali, ho gradito l’idea di un piccolo paradiso televisivo che scegliesse di affrontare temi meno nobili, ma con sobrietà.

Poi, è arrivato l’acquisto dei programmi dall’America, e il sogno si è spento. Parola d’ordine: drammi umani e litigi. Dall’acquisto dell’abito da sposa al parrucchiere in fallimento, dall’organizzazione di baby-party a ristrutturazioni milionarie, da dimagrimenti di centinaia di chili ad operazioni chirurgiche ispezionate nei minimi dettagli. Mamme che non sanno di essere incinte, mamme che amano troppo, mamme che organizzano party eccessivi per i figli. Obesi che sudano, dimagriscono, si operano. Malattie misteriose, malattie imbarazzanti, corpi deformi. Tonnellate di amore americano per le storie commoventi, disperate ed eclatanti.

Io comunque, finché ci saranno personaggi nostrani ben più gradevoli e simpatici, come Clio e Alessandro Borghese, continuerò a dargli un po’ di fiducia. Sperando che non finiranno con l’assumere Barbara d’Urso e comprare Jersey Shore dall’America.


 





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